Il papa della bontà

Il 25 novembre del 1881 Sotto il Monte, piccolo e poco conosciuto paese della provincia di Bergamo, dava i natali a San Giovanni XXIII, uno dei Santi più amati nella storia della Chiesa.

Per ricordare il 141esimo anniversario della nascita di Papa Roncalli, condividiamo oggi uno scritto del card. Loris Francesco Capovilla, suo storico segretario:

Giovanni è entrato nella storia con l’appellativo di «Papa della bontà». Di lui Walter Lippmann, uno dei più rinomati opinionisti statunitensi del secolo XX, ha scritto:

"Il regno di Papa Giovanni è stato una meraviglia, tanto più stupefacente ove si pensi come egli sia riuscito ad essere così profondamente amato in mezzo alle acri inimicizie del nostro tempo.
È un miracolo moderno che una persona abbia potuto superare tutte le barriere di classe, di casta, di colore, di razza per toccare i cuori di tutti i popoli. Nulla di simile si era mai avverato, almeno nell’epoca moderna. Il fatto che gli uomini abbiano corrisposto al suo amore, dimostra che le inimicizie e i dissensi dell’umanità non costituiscono la realtà completa della condizione umana.
Sappiamo che il miracolo compiuto da Papa Giovanni non trasformerà il mondo; non diventeremo di colpo uomini nuovi; ma l’eco universale suscitata da Papa Giovanni dimostra che per quanto l’uomo possa essere incline al male, permane in lui un’attitudine alla bontà. Per questo non dobbiamo mai disperare che il mondo possa diventare migliore.
Papa Giovanni ha dichiarato che il movimento per mettere in rapporto gli insegnamenti della Chiesa con il «processo di radicale mutamento della situazione politica ed economica» si è iniziato con Leone XIII e con la Rerum Novarum. Papa Giovanni lo ha proseguito, non soltanto con le due grandi encicliche, ma soprattutto con la proclamazione del Concilio. Che cosa avverrà di tutto questo è di fondamentale importanza non soltanto per la Chiesa cattolica ma per tutte le Chiese e per tutti i governi. In ogni caso, il movimento di modernizzazione – Giovanni direbbe aggiornamento – potrà forse essere fermato ma non respinto per molto tempo.
Si diceva che egli non ce la faceva a stare chiuso. Quanto Papa Giovanni ha iniziato avrà grandissime conseguenze e la storia del mondo sarà diversa perché egli è vissuto."

L’attribuzione di Papa della bontà esplose il 7 marzo 1963, domenica delle Palme, nella parrocchia romana di San Tarcisio al Quarto Miglio, allorché il pontefice visitò quella comunità in piena campagna elettorale. Per l’occasione, i segretari dei partiti in lizza decisero unanimemente di eliminare manifesti e striscioni propagandistici e di sostituirli con molti teli bianchi su cui spiccava la dicitura: Evviva il Papa buono.

Il papa della bontà 1 - Santuario Papa Giovanni XXIII

L’episodio rende onore e giustizia a tutti per l’esempio dato di sapersi unire nel tributare onore e affetto al Padre comune. Quell’Evviva non istituì paragoni e nemmeno costrinse il pontefice dentro la ristretta cornice della bontà comecchessia. Esso tradusse in qualche modo il complimento che, a nome dei colleghi del Corpo diplomatico, Georges Vanier, ambasciatore del Canada a Parigi, aveva rivolto dieci anni prima al neocardinale patriarca di Venezia nell’incontro di congedo:

«Ho letto che una gran parte della rinomanza di Bergamo era un tempo dovuta principalmente a tre attività: la produzione dei vini, la lavorazione della seta, l’estrazione del ferro. I vini di Bergamo, eminenza, sono un po’ la ricchezza del vostro cuore e la vivacità del vostro spirito. La seta richiama la finezza del vostro temperamento di diplomatico, l’iridescenza del vostro senso delle sfumature. Essendo voi il prodotto di un paese della seta, non somiglierete certo a uno di quei cardinali severi alla Goya; no, voi avete la forza temprata dalla dolcezza che si trova piuttosto nei quadri di Raffaello. Quanto al ferro di Bergamo esso evoca la solidità dei princìpi che ispirano la vostra vita e la fermezza di carattere che non transige con la verità [...]. Voi siete nel pieno vigore, eminenza, e avete sicuramente davanti a voi numerosi anni, durante i quali potrete compiere felicemente le opere del buon Pastore».

Papa della bontà! Episodi diversissimi e sintomatici, dichiarazioni stupefacenti di qualificati rappresentanti della cultura e della religione convincono che il passaggio di Giovanni XXIII sulla scena del mondo confermò il valore attraente della bontà evangelica, che «conserva pur sempre un posto d’onore nel discorso della Montagna: beati i poveri, i miti, i pacifici, i misericordiosi, gli assetati di giustizia, i puri di cuore, i tribolati, i perseguitati»

Il segreto del successo di Roncalli sta nella matrice tradizionale, e, ciononostante, dinamica, della sua formazione e cultura ecclesiastica, nell’apparente paradosso tra severo conservatorismo e umana ed evangelica apertura.

Piccolo alunno del seminario bergomense innestò la sua sensibilità nel solido tronco dei severi orientamenti ecclesiastici di ispirazione patristica; chierico appena quattordicenne iniziò a scrivere il suo Giornale dell’anima e continuò sino a ottantuno anni, senza mai mutare temperamento e costume. Lungo tutto l’arco della sua esistenza egli rimase lo stesso prete della giovinezza, con quella sua caratteristica e mai smentita coerenza di pensiero e di azione, che trova preciso riscontro in ogni variazione di ministero e di ufficio, pur nei limiti, coi difetti e le carenze di natura, di ambiente e di momento storico in cui dovette operare.

Egli è stato, pertanto, un prete all’antica, abbarbicato nel terreno solido della rivelazione cristiana, che diede tono e slancio al suo servizio. Egli volle essere il prete segnato a fuoco dalla familiarità con Cristo, e di null’altro preoccupato se non del nome, del regno e della volontà di Dio.

Lo lasciò intuire in un memorabile discorso al clero romano: «La persona del sacerdote è sacra [...]. La buona indole, gli studi severi, la proprietà della parola e del tratto sono come il mantello che avvolge l’umanità del sacerdote: ma la linfa divina della sua applicazione ai divini misteri e alle opere dell’apostolato, egli continuerà ad attingerla dall’altare. Quello è il posto suo che gli conviene innanzi tutto. Di là egli parla ai fedeli e nel volgersi a essi con linguaggio elaborato nella meditazione e fatto suo, egli ha da apparire come di casa nel tempio del Signore e le sacre parole del messale, del breviario, del rituale devono risuonare nell’intimità misteriosa della sua anima prima che sotto le volte del santuario» (25 gennaio 1960).

Papa Giovanni, il buono, non suscita nostalgie, il che equivarrebbe a guardare indietro; piuttosto egli ci stimola a tentare l’avventura della testimonianza e ci invita a riaprire il Libro divino per scoprirvi l’ispirazione alla fedeltà e al rinnovamento, binomio da lui coniato come filo conduttore del Concilio Vaticano II e della sua fedele attuazione. Questo Angelo Giuseppe, angelo del Signore, rinnova ora il monito del vigilare mentre incombe la notte; di prestare attenzione, di non arrendersi alle mode ricorrenti e cangianti; e lo fa con l’autorità dei carismi ricevuti, l’eloquenza dell’esempio, la forza della bontà e della santità.

Benedetto papa Giovanni! Ci ha dato l’esempio di saper toccare le anime prima ancora di aprire le labbra. Come del resto egli parlava al suo Signore con il testo mirabile dell’Imitazione di Cristo: «O Gesù, splendore di gloria eterna, conforto dell’anima pellegrina. Presso di te la mia bocca è senza voce, e ti parla il mio silenzio».

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