Maranatha, Vieni Signore Gesù!

Carissimi amici, ben ritrovati.

Purtroppo dobbiamo ancora fare i conti con una situazione che avremmo voluto fosse soltanto un brutto ricordo; la pandemia, in questa seconda ondata, si è diffusa in tutto il Paese, mettendo a dura prova ospedali, medici e infermieri, oltre che molta parte della nostra infrastruttura economica. Non sono poche le preoccupazioni, che condividiamo con molte altre nazioni del mondo. Questa situazione inaspettata che dura da quasi un anno (mancano tre mesi al triste anniversario di febbraio) deve costringerci a ripensare il nostro stile, soprattutto a rivedere i sistemi economici e finanziari; ce lo ha ricordato il recente convegno di Assisi, voluto fortemente da Papa Francesco su una nuova economia. Non possiamo più tornare indietro, quanto accade ci costringe a ripensare una convivenza in cui al centro ci siano i poveri e gli ultimi, come ci ricorda da sempre il Vangelo. Guardo allora a questo come a un tempo comunque di grazia, in cui lo Spirito Santo ci spinge alla conversione, personale e globale, in cui è possibile gettare le fondamenta di una umanità nuova, nella quale il primo comandamento di ogni uomo sulla terra sia quello di prendersi cura dell’altro; perché la sofferenza, la solitudine e la miseria dell’altro è anche un limite, un ostacolo alla mia felicità e al mio bene.

Il tempo dell’Avvento che prende avvio oggi ci allena all’atteggiamento dell’attesa. In un mondo in cui gli uomini vivono in perenne competizione e la fretta è la parola d’ordine per arrivare prima degli altri, l’allenamento all’attesa ci libera dal rischio della schiavitù dei nostri bisogni. Nel tempo dell’attesa alleniamo il nostro cuore al desiderio, comprendendo che l’altro (un amico, un fratello, un affetto… Dio stesso) è ciò che manca alla nostra realizzazione. L’attesa alimenta lo sguardo all’altro come bene per me, facendomi uscire dall’orgoglio di bastare a me stesso e di essere io la risposta a me stesso. Anche Dio “si fa attendere”, nel senso che aspetta da me un’invocazione, un grido… una preghiera che sia essa rivelazione della nostra fede e del nostro bisogno di trascendenza.

Il grido ripetuto in questo tempo Maranatha”, “Vieni Signore Gesù, è la migliore espressione del nostro cuore che grida a Dio di farsi riconoscere; Dio ha risposto a questo grido dell’umanità e continua a farlo ancora oggi con suo Figlio Gesù Cristo. Continuare a pregare, individualmente e insieme, provocherà il cuore di Dio e, allo stesso tempo, allargherà il nostro perché sia grembo capace di accoglierlo nei modi in cui Egli vuole rivelarsi: la vigilanza di cui parla il Vangelo in queste domeniche è proprio questa: attendere nella preghiera, nella certa consapevolezza che Dio viene.

I “colori” della pandemia, come sapete, sono ancora quelli vivaci qui in territorio lombardo: passiamo dal rosso all’arancione, ma poco cambia per noi: essendo tutti ristretti nei propri comuni, il nostro santuario è vissuto solamente dai parrocchiani; un’insolita situazione che – credo – Sotto il Monte non ha mai vissuto dai tempi in cui Angelo Giuseppe Roncalli divenne papa. Qualcuno, per raggiungerci, azzarda una breve evasione dai paesi vicini, ma sono pochi i trasgressori: è il silenzio il protagonista di questi giorni, che nonostante desti una sana nostalgia di voci e volti, allo stesso tempo accompagna una preghiera più intima e chi induce a una più intensa preghiera per voi, soprattutto per chi chiede l’intercessione di San Giovanni XXIII attraverso questo luogo santo.

Carissimi, vi giunga la mia benedizione e, come sempre, preghiamo San Giovanni XXIII affinché, dal cielo, vi accompagni con la sua tenera carezza di padre e di buon pastore.

Buon cammino di Avvento
Don Claudio

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