«Qualche lacrima da asciugare»

Nel celebre “Discorso della luna” pronunciato da Papa Giovanni la sera dell’11 ottobre 1962, tutti ricordano l’invito del Papa a dare, a suo nome, una carezza ai bambini; tant’è che molti chiamano Giovanni XXIII il Papa della carezza ai bambini. Ma parecchi si dimenticano della seconda parte della memorabile espressione, che ricorda che avrebbero trovato anche Qualche lacrima da asciugare.  A ben guardare di carezze da dispensare ce n’è ovunque, così come abbondanti sono le lacrime da asciugare. Quanta sofferenza, quanto bisogno di tenerezza, quanta sete di affetto e di considerazione: è un mondo intero che ha bisogno di carezze, perché è un mondo intero che, nel proprio intimo, soffre e piange una solitudine esistenziale. Nel mondo globalizzato e interconnesso l’uomo soffre una solitudine che non ha mai sperimentato prima. Ed è una grande opera di misericordia fermarsi ad accarezzare le guance del cuore, ferite dai colpi di continui tradimenti, o asciugare le lacrime spesso versate in solitudine e accoglierle grondanti sulle proprie spalle in un abbraccio libero da seduzione o secondi fini. Dietro ai manifestanti o ai riluttanti del pensiero comune che esprimono il proprio dissenso con un NO secco (non solo ai vaccini, ma a qualsiasi proposta di senso o meno, ovunque provenga), sono convinto si nasconda un grande smarrimento e un tremendo senso di vuoto. Non è tanto e immediatamente un no ai vaccini o ad altro: è un no più profondo, il no a questa società, a questa cultura, a questo stile di vita che va di corsa, un rifiuto di qualcosa a cui si fatica a dare nome, ma che trova in espressioni dure e a volte violente un canale di denuncia.

Chi di noi, nel parlare normale, non incrocia quotidianamente almeno una polemica o una lamentela? Fatta salva una percentuale da mettere in conto, riconducibile alla nostra identità italiana (siamo polemici per costituzione), credo che dietro questo ritornello di malcontento si celi un radicato e permanente senso di smarrimento: una solitudine e un malessere esistenziale che nessun vaccino o intervento del Governo o vincita alla lotteria Italia può sanare o almeno alleviare. Soltanto Dio ha la capacità di riempire il vuoto che abita nel cuore dell’uomo; e fintanto che l’uomo si tiene alla larga da Dio, soffrirà per questa sanguinante ferita. Ce lo ricorda potentemente Gesù nella impegnativa prima pagina di Avvento (rito romano) che avrà inizio domenica 28 novembre. L’invito è a non addormentare né lo spirito, né la coscienza, perché il vero pericolo è l’anestesia del cuore. Ma dico: può il cuore dell’uomo battere senza una vita spirituale? Può l’esistenza di un uomo attraversare come una nave le onde dell’oceano della vita senza una meta a cui giungere e senza una bussola con cui orientarsi? Può l’uomo fare a meno di Dio, del suo creatore, della fonte che dà linfa alla sua vita? Siamo così presuntuosi da credere di farcela da soli, o da pensare che la vita, questa vita, la mia vita, sia affidata al caso, al destino, alla logica del più forte?! Quante lacrime dovranno ancora scendere, quanta sofferenza inespressa ristagnerà ancora nei nostri cuori prima di gettarci nelle braccia del Signore e di lasciarci curare le nostre ferite profonde e di piangere a dirotto per la Sua carezza piena di misericordia, di consolazione, di speranza? Sì, il nostro è un cuore duro, refrattario all’affetto del Signore, abituato a cantarsela e a suonarsela da solo, che ha dimenticato che il nostro è un Dio della tenerezza, che riveste Adamo ed Eva coprendo la loro vergogna, e ridona dignità al re Davide pluripeccatore, e fa festa per il figlio traditore e disperso, e riabilita Pietro nel suo cuore frantumato.

Penso alla VIA CRUSIS che inauguriamo sabato 27 novembre come alla strada che il figliol prodigo della parabola dell’evangelista Luca ripercorre per ritornare dal padre. Sì, perché la Via Crucis è il percorso in salita di Gesù verso il Calvario, ma allo stesso tempo è la strada che conduce all’amore, al grande mistero dell’amore di Dio in Cristo Gesù crocifisso e risorto. Percorrendo la Via Crucis siamo noi, figli traditori, che ritroviamo la via della Casa del Padre, ritroviamo la via dell’amore e della misericordia. Meditando l’amore crocifisso di Gesù ci scopriamo amati e perdonati, “riscattati a caro prezzo” (1 Cor 7,23). Salendo i gradini che da Camaitino, la Casa di Papa Giovanni, portano al colle di San Giovanni, accompagnati dai bronzi impregnati di pathos dell’artista Viveka Assmbergs, sentiamo abbassarsi le barriere dell’orgoglio che ci impediscono di accogliere l’amore misericordioso di Dio. L’artista, insieme alla sofferenza di Gesù, ha impresso nel bronzo anche la sofferenza dell’uomo contemporaneo, in continua ricerca di luce e di pace. Anche il percorso di Gesù al Calvario, macchina del terrore e manifesto dell’orrore, incarnazione degli orrori di ogni tempo, è visitato dalla tenerezza e dalla compassione: alla sesta stazione una donna, ricordata con il nome di Veronica, si avvicina all’uomo coperto di piaghe e passa un fazzoletto sul suo volto: asciuga le lacrime del Salvatore, e accompagna il gesto con una carezza.

Chissà se quella sera dell’11 ottobre 1962 Papa Giovanni pensava a questo mentre pronunciava quelle parole scolpite per sempre nella storia. Comunque sia, anche Gesù, il Salvatore dell’uomo, ha incrociato l’affetto dolce e tenero di una donna e il calore e la forza che può dare una carezza; ma soprattutto ha incontrato una persona che ha raccolto le sue lacrime. Perché noi non piangiamo mai per noi stessi, piangiamo sempre nella speranza che qualcuno ci veda e che raccolga le nostre lacrime. Perché anche il Figlio di Dio ha avuto bisogno di piangere, e il Padre, pur se non ha raccolto le sue lacrime nel Getzemani, non ha resistito nell’inviargli qualcuno prima della morte a farlo. Perché anche il Figlio di Dio è un uomo: ogni uomo, nella sofferenza, nel dolore, alla vigilia della propria morte, ha bisogno di qualcuno che raccolga le sue lacrime; sono l’ultimo e più intimo testamento, il vero volto dell’uomo, di ogni uomo: piccolo, smarrito, povero e solo. Auguro a chiunque vorrà percorrere la Via Crucis di poter sperimentare la carezza di Dio che asciuga le lacrime che sgorgano dal cuore ferito e disorientato; auguro a ciascuno di sperimentare la presenza del Signore che consola, che perdona, che sostiene, che incoraggia.

A tutti, carissimi amici, la benedizione del Signore,
accompagnata dalla corroborante carezza di San Giovanni XXIII
Don Claudio

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