Saluto di commiato a don Angelo Longaretti

Ringrazio Sua Eccellenza il Vescovo e don Giulio che mi hanno chiesto di tratteggiare brevemente il profilo di don Angelo.
Non ripercorro tutte le tappe del suo ministero, ma possiamo dire che ha attraversato la Diocesi da nord (San Giovanni Bianco e Valtorta) a sud (Pagazzano e Romano di Lombardia), concludendo gli ultimi suoi undici anni a Sotto il Monte.
Ovunque è stato ha creato relazioni durature, tanto che frequentissime sono state in questi anni le visite di persone provenienti da tutte le parrocchie in cui ha prestato servizio.
Il suo arrivo a Sotto il Monte nel 2014 – anno della canonizzazione di Papa Giovanni – è stato una benedizione per questo luogo. Ha passato intere giornate in confessionale, diventando punto di riferimento per tanti parrocchiani, pellegrini e devoti. Se non era in confessionale, lo si incontrava sul sagrato della chiesa oppure all’interno di essa; sempre pronto ad accogliere chiunque varcasse la soglia per dare il benvenuto, per una parola buona, per raccogliere eventuali pene e lacrime. Per tutti aveva una parola buona di incoraggiamento e di speranza.
In particolare i malati – qui a Sotto il Monte e dovunque è stato – hanno goduto della sua attenzione, del suo affetto, delle sue premure sacerdotali.
Di indole buona, dal carattere paziente, fiducioso, disponibile, affabile con tutti. Mai un lamento, per nulla polemico, ha saputo adattarsi e stare con umiltà e obbedienza in ogni circostanza.
Don Angelo è stato un prete fraterno, con una speciale attenzione per i preti: frequentemente telefonava agli amici sacerdoti, a quelli ammalati, a quelli in crisi; coltivava i rapporti con quelli che aveva incontrato, ricordandosi anniversari e facendosi presente nel momento del cambiamento di destinazione o in eventi particolari. Faceva visita ai preti ammalati suoi conoscenti, realizzando così quella fraternità presbiterale che tanto fa bene al cuore di noi sacerdoti. Amava la compagnia dei preti e anche con la gente sapeva farsi voler bene, soprattutto per quel suo tratto benevolo che si traduceva in cordialità ed empatia.
Anche per noi preti di Sotto il Monte, don Angelo è stato tante volte di conforto, di incoraggiamento, soprattutto nei momenti di forte carico emotivo, di decisioni difficili, di tensioni legate alla vita pastorale. Ha intuito la forza e le potenzialità di questo luogo, incoraggiandoci e sostenendoci: nessuno più di lui, a motivo anche del suo privilegiato punto di osservazione – il sagrato, il Santuario, il confessionale – ha letto il fascino e la risorsa che è Sotto il Monte in ordine alla fede. È grazie a lui, alle chiacchierate con lui, che ho trovato personalmente tante volte la forza di andare avanti. Era orgoglioso di Sotto il Monte.
«Bello!» era una delle sue espressioni che amava ripetere: «Bello!» alla fine di un concerto, alla fine di una celebrazione, di una manifestazione, di un evento, di un momento di preghiera, di una giornata intensa di lavoro. «Bello!». E con questa parola ripagava l’impegno e il lavoro di tante persone.
Molte persone, sui social, in questi giorni hanno scritto che don Angelo era Angelo di nome e di fatto. Credo che questa affermazione faccia sintesi della sua persona e interpreti i sentimenti di tutti quelli che lo hanno incontrato, anche solo per una confessione o per quattro chiacchiere.
Voglio ringraziare i familiari di don Angelo, che gli sono sempre stati vicini, in particolar modo in questi ultimi tempi della sua malattia. Don Angelo ha voluto bene alla sua famiglia, con la quale ha sempre tenuti vivi i rapporti. Lo ha fatto con la consapevolezza dell’importanza dei legami familiari, ma privilegiando sempre il suo ministero di pastore e i luoghi del suo ministero, mostrando in questo modo che il prete è consegnato alla Chiesa e al servizio del popolo di Dio, anche nella malattia. Per questo don Angelo ha voluto essere sepolto a Sotto il Monte, luogo ultimo del suo servizio, per dire, anche con la sua morte, il legame forte con la sua gente.
Un grande grazie ai sacerdoti missionari del PIME, in particolar modo a padre Marco, rettore della casa di Rancio di Lecco, per avere accolto don Angelo in questi ultimi suoi quattro mesi di vita. È la prima volta che la casa di riposo del PIME di Rancio di Lecco accoglie un sacerdote esterno al loro Istituto per accompagnarlo nell’ultimo tratto della sua vita: grazie. Ma dico questo non soltanto per gratitudine al PIME, ma per sottolineare ancora una volta, anche se non ce ne sarebbe bisogno, la capacità di empatia di don Angelo. Scaduto infatti il periodo di “vacanza”, per ripararlo dalla calura di Sotto il Monte, come la scorsa estate, don Angelo avrebbe dovuto trovare collocazione in un’altra casa di riposo o in un hospice. Una mattina padre Marco mi chiama e mi dice: «Guarda, don Claudio, gli infermieri mi hanno espresso la richiesta di poter tenere qui, da noi, don Angelo, di non farlo andare in un’altra struttura, perché la sua – quella di don Angelo – è una presenza bella: sempre ringrazia, di tutto è contento, non si lamenta mai». Mi è sembrata un’ulteriore testimonianza della dolcezza di don Angelo, capace di farsi voler bene fino all’ultimo istante della sua vita.
Don Angelo non ci ha lasciato un testamento: credo che tutti siate d’accordo nel considerare il suo testamento la sua testimonianza di prete contento, disponibile, obbediente. E ce lo ricordiamo così: pronto sempre ad ascoltare, a perdonare, a incoraggiare, a benedire.
E anche adesso, dal cielo direbbe: «Bello! Bello! Bello!».







