Un'accorata Supplica a Papa Giovanni

Carissimi amici,

nella messa della domenica delle palme, fra pochi giorni, ascolteremo il racconto della Passione di Gesù nella versione di san Marco; un racconto breve, quasi scarno. L’essenzialità delle parole del secondo Vangelo evidenzia ancora di più il dramma vissuto da Gesù. Non c’è pietà per Gesù: è abbandonato da tutti, i soldati gli sputano addosso, i passanti lo insultano e anche chi gli vuole bene (le donne) lo guarda da lontano. Anche i crocifissi con lui, entrambi i “ladroni”, lo insultano. Del resto, immediatamente dopo il suo arresto nel Getsèmani, Marco registra che “Tutti lo abbandonarono e fuggirono”. È un Gesù accompagnato dal terrore e dalla solitudine, e già nel Getzemani, in cui si è tirato dietro Pietro, Giacomo e Giovanni – dice Marco – “Cominciò a sentire paura e angoscia”. C’è un rapido precipitare degli eventi e Gesù è al centro di una valanga di odio e di violenza barbara: solo la fede nel Padre gli ha permesso di non sprofondare nella disperazione.

Proprio come oggi, un anno fa, era il 17 marzo 2020, il Vescovo di Bergamo, Monsignor Francesco Beschi, decideva di venire a Sotto il monte per rivolgere “un’accorata supplica” al santo più amato dai bergamaschi, Giovanni XXIII. Eravamo nel pieno della pandemia e l’impossibilità a trovare un governo sanitario al vorticoso aumento di malati, ricoverati e morti, aveva instillato nell’animo di molti, se non di tutti, un senso tremendo di “paura e angoscia”. Non conoscevamo da dove provenisse il fuoco di questo infido nemico e non si sapeva a chi rivolgersi per trovare risposte o strategie di arresto o perlomeno di cura: solo la tattica della difesa, con un coprifuoco totale protratto per lungo tempo, in attesa di qualcosa a cui nessuno sapeva dare titolo. Me lo ricordo ancora quel 17 marzo scorso: un irreale silenzio rotto solamente dalla voce dei tecnici che predisponevano le telecamere nel Giardino della pace; e poi il Vescovo, affranto dal bollettino quotidiano dei contagiati e dei morti; e lì, mentre attendavamo l’orario per il collegamento, a condividere i nomi dei confratelli sacerdoti defunti e di quelli ricoverati, numero che si aggiornava in diretta per i messaggi che arrivavano da tutta la Diocesi sui vari telefoni cellulari.

Non posso dimenticare l’emozione di quella benedizione dal campanile, a mezzogiorno di una domenica che rimarrà unica nella storia di questo santuario: per l’assoluto silenzio e il vuoto inspiegabile delle nostre strade solitamente affollate di pellegrini; e l’attesa dalle case, la gente alle finestre per vedere, oltre che ascoltare, il loro parroco tracciare dal punto più significativo della nostra parrocchia un segno della croce, che da Sotto il monte – emblema di una terra, quella di Bergamo, a cui tutto il mondo guardava – giungeva all’Italia intera come grido di speranza e di resurrezione. La Bergamo “in ginocchio” per il virus, si metteva “in ginocchio” per chiedere forza e fiducia al Signore della vita e della storia. Un popolo non può vivere senza segni, soprattutto quando è messo alla prova e minacciato: la bandiera nazionale, un canto, un gesto esemplare, le parole di chi è al vertice. Catalizzò l’attenzione del mondo intero – e credo che anche tanti “atei” si commossero –  l’incedere lento e sotto la pioggia di Papa Francesco in una piazza san Pietro inusualmente vuota. Allo stesso modo – pur con eco numericamente, ma non emotivamente minore – la supplica del nostro Vescovo; una supplica – come egli volle sottolineare – “accorata” e “in ginocchio”. È rimasta impressa una sua parola, che traduce bene la tenacia orobica (più elegantemente si dice resilienza): “Signore, io non ti lascio, io non mollo!”. La benedizione dal campanile, la supplica a Papa Giovanni del Vescovo di Bergamo: due gesti che sono rimasti nella memoria di molti, e che – insieme all’impegno di tanti uomini e donne nel nostro Paese – hanno aperto uno squarcio di luce dentro la paura e l’angoscia di tantissime famiglie segnate dal lutto e in ansia per un dramma che dura da più di un anno. Le fatiche non sono finite, e la paura è ancora per molti una cattiva compagna di viaggio: impariamo da Gesù – alla vigilia di questa nuova Pasqua blindata – a fidarci della presenza del Padre, a non cedere alla disperazione, a credere che Dio non ci ha dimenticati, ma soffre insieme a noi e ci partecipa il suo Spirito per resistere nella prova e attraversare questo deserto moderno consapevoli che il suo amore ci sostiene.

Quest’oggi ricorderemo nella preghiera la supplica in ginocchio del nostro Vescovo dello scorso anno, e pregheremo per tutte le vittime di questa pandemia, anche per chi ha perso il lavoro o una persona cara.

Nel Giardino della pace, un corteo di migliaia di fiori color oro incastonati nel muro, avvolgono la statua di Papa Giovanni: sono i fiori che ricordano un anniversario, una data importante o un familiare, un parente, un amico scomparso. Il mio desiderio, a partire dalla Pasqua, è quello di ricordare con un fiore d’oro ognuna delle seimila vittime da Covid nella nostra provincia di Bergamo: lo faremo con calma, domenica dopo domenica, pregando per loro, ma anche per chi piange la loro morte. Sarà una parete tutta d’oro a perenne memoria di questa tragedia, ma parimenti della forza dei bergamaschi, che ha nella fede e nella devozione le sue principali radici.

Ora Bergamo non è più “in ginocchio”, si è rialzata; in fondo però, è bene che “in ginocchio” ogni tanto ci si metta, se non col corpo, almeno con lo spirito: sì, per supplicare, ma ora più per ringraziare: perché Dio non ha abbandonato il suo popolo, e nella prova non ci siamo scoraggiati. Nella “paura e nell’angoscia”, tu, o Signore ci hai dato speranza e forza.

Il Signore vi benedica e vi doni la sua pace.
Don Claudio


Ogni domenica la messa del pellegrino delle ore 16 termina con la processione nel Giardino della Pace e con la supplica a San Giovanni XXIII.
In un clima di preghiera, il fiore che ricorda qualcuno che ami, viene incastonato a perenne devozione al papa della bontà.

Il giardino che si creerà fiore dopo fiore avvolgerà la statua di Papa Giovanni e renderà luminoso questo luogo amato dai tanti pellegrini che a Sotto il Monte vengono per rinnovare la fede in Gesù Crocifisso.

Se vuoi richiedere ai Sacerdoti del Santuario di posizionare un fiore nel Giardino della Pace, clicca qui:

UN FIORE A PAPA GIOVANNI

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