1963, l'anno della coppa. La vittoria dell'Atalanta che non si potè festeggiare

Il 2 giugno 1963 l’Atalanta vinceva quello che, fino a oggi, è l’unico trofeo della sua storia: la Coppa Italia. Quell’eccezionale avventura sportiva non fu mai festeggiata perché il giorno seguente, il 3 giugno, moriva Giovanni XXIII e ogni celebrazione venne annullata dal lutto.

Venerdì 16 giugno 2023, alle ore 20:45 presso la Casa del Pellegrino di Sotto il Monte, Stefano Serpellini presenta il suo ultimo libro L'anno della coppa. 1963. L’Atalanta, papa Giovanni e la festa cancellata. Tra storie, ritratti, testimonianze e ricostruzioni storiche, il libro ripercorre le vicende della stagione calcistica 1962-63, intrecciandole al racconto dell’ultimo periodo del rivoluzionario pontificato di Angelo Giuseppe Roncalli.

Dialogano con l'autore:

  • Emanuele Roncalli, giornalista de L'eco di Bergamo
  • Don Giuliano Zanchi, docente di Teologia all'università Cattolica di Milano
  • Gino Cervi, editor
  • Luciano Ravasio, cantautore

Modera:

  • Stefano Corsi, docente e scrittore

Ingresso libero

1963, l'anno della coppa. La vittoria dell'Atalanta che non si potè festeggiare 1 - Santuario Papa Giovanni XXIII

Il libro parla di due tragitti paralleli, seppur intrecciati: quello felice dell’Atalanta verso la conquista della Coppa e quello di un Papa che, sereno, si avvia verso la fine. Il clima di costernazione che avvolge un Paese intero di fronte all’agonia di Giovanni XXIII farà sì che a Bergamo, la sua terra, non si inscenino festeggiamenti per la conquista della Coppa Italia. E in questo dettaglio si intravede una sorta di maledizione per l’Atalanta e i suoi tifosi, impossibilitati dal destino a celebrare i punti più alti della storia nerazzurra. Perché la situazione si ripeterà quasi sessant’anni dopo con la squadra di Gasperini, il 10 marzo 2020, vittoria a Valencia per 4-3, la gara che porterà i nerazzurri al loro picco storico, i quarti di finale di Champions League contro il Paris Saint Germain, «disputata in uno stadio vuoto e con la Bergamasca impaurita e tappata in casa, trasformata in territorio martoriato, spettrale e dolente dalla pandemia di Covid».

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