Don Giuliano Zanchi: «Deve esserci, lo sento, in cielo o in terra, un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto»

Terzo appuntamento dei Venerdì della Speranza al Santuario San Giovanni XXIII: meditazione sulla speranza e il desiderio di giustizia

Venerdì 14 marzo 2025, presso il Santuario San Giovanni XXIII di Sotto il Monte, Chiesa Giubilare, si è svolto il terzo incontro dei "Venerdì della Speranza". In questa occasione, don Giuliano Zanchi ha offerto una profonda meditazione sulla speranza, conducendoci lungo un cammino di riflessione che ci aiuta a comprendere la natura autentica di questa virtù cristiana.

La speranza non è ottimismo ingenuo

La speranza non è un semplice ottimismo ingenuo, un'attesa passiva o una vaga fiducia nel futuro. Non è un pensare positivo a tutti i costi, come se bastasse ripetere "andiamo avanti, vedrai che le cose miglioreranno". La speranza autentica è un'esperienza che nasce nel cuore di chi, pur toccando con mano la contraddizione e l'ingiustizia del mondo, continua a credere che esista un bene più grande.

Francesco Bacone affermava che "la speranza è una buona colazione, ma una pessima cena". Con questa espressione ironica si evidenzia il rischio di una speranza superficiale, ridotta a semplice illusione o fatalismo. Anche nella vita di fede possiamo cadere in uno "speranzismo religioso", un modo di pensare che si limita a dire "andiamo avanti, Dio provvederà", senza radicare la speranza in una giustizia autentica.

Il legame tra speranza e giustizia

Ma la vera speranza si fonda su qualcosa di più solido: essa si misura nel desiderio di giustizia. Non parliamo di giustizia nel senso riduttivo della legge umana, fatta di tribunali e sentenze, ma della giustizia profonda che risuona nel cuore di ogni uomo.

Esistono momenti in cui l'ingiustizia appare evidente e insopportabile: un bambino disabile deriso, un anziano ingannato, un innocente vittima di guerra. Quando vediamo queste cose, dentro di noi nasce spontanea l'esclamazione: "Non è giusto!". La nostra coscienza si ribella all'idea che la vita sia solo sopraffazione, che la legge del più forte sia l'ultima parola.

L’esperienza dell’inviolabile

Sergio Givone parlava dell'"esperienza dell'inviolabile". Ci sono realtà che dovrebbero rimanere intoccabili, come la dignità della persona, il valore della vita, il rispetto della fragilità. Eppure, proprio quando queste realtà vengono violate, il nostro cuore ne riconosce ancor più la sacralità. Ricordiamo la foto del bambino morto sulla spiaggia di Bodrum: davanti a quella tragedia, il mondo intero ha avvertito che una cosa simile non dovrebbe mai accadere.

Ecco dove si radica la speranza: nella certezza che il male non può avere l'ultima parola. La speranza cristiana non è una fuga dalla realtà, ma la convinzione che il bene sia più profondo del male. Non si tratta solo di attendere passivamente, ma di agire: la speranza ci chiama a rendere presente, qui e ora, la giustizia che verrà pienamente realizzata in Dio.

Don Giuliano Zanchi: «Deve esserci, lo sento, in cielo o in terra, un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto» 1 - Santuario Papa Giovanni XXIII

Il dolore e la domanda di senso

Anche nella nostra vita personale sperimentiamo la tensione tra il dolore e il desiderio di giustizia. Di fronte alla malattia, alla morte, al tradimento, alla sofferenza, il cuore umano si ribella: "Perché a me? Perché così?". Leonardo Sciascia affermava che le consolazioni religiose possono sembrare inutili di fronte a queste domande, ma ancor più inutili sono le spiegazioni scientifiche che riducono tutto a cause e effetti, senza dare senso al dolore. La speranza, invece, raccoglie queste domande e le orienta verso una verità più grande.

Il male nella storia e la giustizia attesa

L’ingiustizia non è solo un’esperienza personale, ma attraversa l’intera storia dell’umanità. Pensiamo ai vinti della storia, a coloro che hanno subito il peso della violenza e dell’oppressione senza colpa. Le guerre, le dittature, la povertà e le disuguaglianze sembrano affermare che il male domina incontrastato. Ma se il mondo fosse tutto qui, se l’ingiustizia fosse l’ultima parola, non ci sarebbe speranza.

Eppure, dentro di noi permane una convinzione profonda: la giustizia esiste, deve esistere. La speranza cristiana è questa certezza, che non si fonda su ingenuità o cieco ottimismo, ma su una verità più profonda della realtà apparente.

“Deve esserci, lo sento, un posto dove tutto sarà giusto”

Francesco Guccini, nella canzone Cirano, canta: "Deve esserci, lo sento, in cielo o in terra, un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto". Questo verso esprime il desiderio profondo che abita il cuore umano: un mondo redento, un luogo dove la giustizia non sarà più calpestata, dove il dolore sarà finalmente risanato.

Ma la speranza cristiana non è solo attesa di un mondo futuro: essa diventa impegno concreto per rendere giusto il nostro presente. Come ci ricorda Italo Calvino, "l'inferno è già qui, e ci sono due modi per affrontarlo: accettarlo passivamente e diventarne parte, oppure riconoscere ciò che nell'inferno non è inferno e farlo crescere". Ecco il compito della speranza: custodire e alimentare ogni piccolo segno di bene, ogni gesto di giustizia, ogni atto di misericordia.

Rendere ragione della speranza

Noi cristiani siamo chiamati a rendere ragione della speranza che è in noi (1Pt 3,15). Non con discorsi astratti, ma con scelte concrete. La speranza si incarna nel perdono, nel coraggio di credere che anche chi ha sbagliato possa cambiare. Si incarna nella fiducia che il bene sia sempre più forte del male. Si incarna nella certezza che Gesù Cristo è la nostra speranza, Colui che ha attraversato il dolore e la morte per aprirci alla pienezza della vita.

La speranza, dunque, non è evasione dalla realtà, ma resistenza. Non è illusione, ma certezza del cuore. Non è passività, ma azione. E sopra ogni cosa, la speranza è un dono: il dono di vedere il mondo non solo per quello che è, ma per quello che è chiamato a diventare.

Chi spera, dunque, non si accontenta di attendere. Chi spera lavora, lotta, crede, ama. Chi spera si oppone al cinismo, si rifiuta di accettare il male come inevitabile, sceglie di vedere ciò che nell’inferno non è inferno e di farlo crescere. Così la speranza diventa profezia, testimonianza, fermento di un mondo nuovo che, già ora, prende forma nelle nostre vite.

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