Solennità di San Giovanni XXIII: il pensiero del nostro Rettore

Proprio come Papa Giovanni, vogliamo essere uomini e donne di pace, costruttori e costruttrici di fraternità, di dialogo, di legami e di relazioni.

Scrivo queste poche righe nel pieno della drammatica escalation di violenza scatenata dai terribili attacchi palestinesi a Israele e dalla immediata risposta di fuoco dell’esercito della stella di David. Rimango attonito, come voi, nel vedere quanto è successo e nel temere una pericolosa deriva che, non è difficile, potrebbe estendersi anche fuori dai confini di Israele e Palestina e innescare un incendio di attacchi terroristici in tutto il mondo facendolo ripiombare nel clima di terrore di alcuni anni fa. Alle immagini di scontri e vittime si aggiungono anche quelle degli ostaggi, rastrellati tra i civili senza distinzione di sesso, di età, di salute, a volte barbaramente esibiti per fomentare e alimentare odio e azioni rabbiose e crudeli.

Che cosa possiamo fare noi? Che cosa dobbiamo fare noi? Certo, innanzitutto avere la mente e il cuore in sintonia con il Medio Oriente, informandoci su questa situazione in stallo da più di settant’anni; sì, la vita di ciascuno di noi va avanti, ma non possiamo ignorare ciò che accade, e non solo nei territori della cosiddetta “Terra Santa”, ma in Ucraina e in diverse altre parti del mondo. Non sono un esperto, ma sono convinto che questo conflitto abbia – in mezzo a tante cause – almeno tra i motivi del suo protrarsi anche l’indifferenza del “mondo occidentale”, o, perlomeno, il peso di un suo giudizio e di un suo impegno molto superficiali. Dunque, innanzitutto, informiamoci, seguiamo, senza prese di giudizio affrettate e senza lasciarci condizionare dalle prese di posizione di un partito o dell’altro; e poi preghiamo, preghiamo, ma facciamolo sul serio. Diamo spazio, nelle nostre chiese, nelle nostre case, alla preghiera per la pace: per chiedere la pace e per crescere in una cultura di pace, per diventare noi stessi sempre più uomini e donne di pace. Non per declinare un impegno più fattivo per la pace, ma per imparare ancor meglio a essere uomini di pace, perché, se non preghiamo per la pace, credo sia ancor più difficile poi mettere in atto gesti di pace, di riconciliazione, di perdono, di dialogo. Mi pare che pregare per la pace sia, se non il primo, comunque un buon passo per crescere nella beatitudine evangelica degli operatori di pace. Dunque, carissimi amici, diamoci da fare, nella consapevolezza che essere devoti del “Papa buono” implica imitarlo nelle virtù, tra cui quella della mitezza che si esprime nella preghiera umile e fiduciosa per il fratello, anche per il fratello che appelliamo talvolta col nome di “nemico” o di “avversario”. Per me, che sono il parroco di Sotto il Monte, e per la mia gente, quella di pregare per la pace è un’eredità che sentiamo venire direttamente dal nostro illustre e santo cittadino. Questo santuario ha come vocazione la pace, lo vediamo anche nei titoli: “Cappella della pace”, “Giardino della pace”, e da oggi “Lampada della pace”; esprimiamola allora nella preghiera costante, per continuare l’opera di pace di San Giovanni XXIII, uomo della pace.

Nel Giardino della pace, lungo il cammino che gli fa da perimetro, ci sono incise sei brevi espressioni di San Giovanni XXIII; una di queste richiama l’impegno di ciascuno alla pace. È una lettera scritta da Parigi, dove svolgeva il suo compito di nunzio, all’allora suo parroco di Sotto il Monte, in seguito alle elezioni politiche:

Il nostro spirito non è quello del mondo: la nostra forza non è la violenza di cui gli illusi amano vantarsi: ma la violenza della perfetta carità che dimentica, che perdona, che attira.

Ci sia da monito nelle nostre relazioni, nel nostro parlare, nel nostro stile. E preghiamo, preghiamo tanto, affinché ci sia dato il grande, immenso dono della pace.

Buona festa di San Giovanni XXIII e buon cammino.
Don Claudio

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